Tutto bene alla fine, non benissimo, ma bene. J e' tornato a casa venerdi' in tempo per celebrare il suo 50mo compleanno sabato.. che solo a scriverlo mi si arriccia il naso e strabuzzo gli occhi, ma cosi' e' la vita, ti giri un attimo e boom!, non sei piu' un ventenne senza pensieri. Ho preparato tante (24) vegan cupcakes al cioccolato con butterscotch frosting e siccome faccio pena come moglie e non ho avuto tempo di andargli a prendere il regalo (lo faro' domani, un certificato per 90 minuti di massaggio terapeutico al "Timeless Spa" dovrebbe renderlo felice), ho deciso, contro il mio buon senso, di esaudire il suo desiderio e fargli i ravioli. Vegan ovviamente.
Ho passato 3 ore e mezzo in cucina, tra il preparare la pasta, il sughetto, il ripieno... poi con una sorta di raviolatore di plastica che avevamo comprato in Italia ere fa, sono riuscita a formare dei ravioli che avevano l'aspetto di ravioli e non di bomboloni con le perdite, come era successo la prima e ultima volta che avevo tentato l'impresa, tanto tanto tempo fa. Sono venuti discretamente mangiabili, J li ha apprezzati, e siccome mi hanno vista con i capelli da pazza e lo sguardo da maniaca, anche i ragazzi li hanno mangiati senza fare troppe storie, persino Vivian, sempre difficile e particolare a tavola. Infatti alla mia frase "I can't believe YOU are eating them!", ha risposto "You worked so hard to make them..." Il sottinteso era chiaro e mi sono quasi commossa!!
In realta' questo non e' un post sul diventare vecchi etc (arrivera' presto, visto che si avvicina il mio compleanno...), oggi voglio fare un post sul fatto che i miei figli parlino in inglese sempre, anche con me, visto che e' un argomento sempre oggetto di una certa curiosita'; mi viene chiesto spesso come mai non mi parlano in italiano e perche' non glielo ho insegnato... alcuni amici che mi hanno persino "sgridato" per questa terribile mancanza.
Non esiste una motivazione valida, solo una serie di situazioni che si sono accavallate e che hanno portato al risultato che i 3 figli piu' grandi capiscono solo qualche parola di italiano, e basta. La Fagiolina, avendo comunque una conversazione ancora limitata in inglese, capisce quello che vuole capire in entrambe le lingue, utilizzando liberamente "parole" sia in italiano che in inglese, e fors'anche altri linguaggi alieni, di cui non possiamo che dedurre il significato! Io continuo a parlarle quasi sempre in italiano, ma so gia' cosa succedera'...
Non era il il mio obiettivo, quello che crescessero come americani monolingua. E' successo, punto.
Anzitutto, come ben sapete, io sono l'unica in casa che parla italiano, la lingua di coppia e' ed e' sempre stata l'inglese, anche se J se la cavicchia con l'italiano, non e' sufficentemente veloce e ha un vocabolario limitato... immaginatevi avere conversazioni adulte con uno che parla un italiano molto spicciolo, diciamo 2 livelli piu' avanti di Tarzan (scherzo, ma rende l'idea...)... Quando e' nato Chris, 16 anni fa, vivevamo a Ventura dove non conoscevo nessun italiano, e a dire il vero non me ne sarebbe fregato piu' di tanto, ero coinvoltissima nella mia scoperta dell'America da residente, quindi coglievo ogni occasione per integrarmi con la gente "del luogo". Io parlavo in italiano con Chris da piccolino quasi sempre, e solitamente passavo all'inglese quando ero in compagnia di altre persone, quando ero ad un playdate con madri e bambini ad esempio, per ovvie ragioni e anche perche' a me personalmente ha sempre un scocciato la sensazione di essere lasciata da parte da persone che parlano una lingua che non capisco. Cosa ne sanno che non sto dicendo "Vai a mollare un cartone a quel bambino che la madre mi sta sulle palle?"... Sono un po' strana, lo so.
Le uniche occasioni in cui pero' Chris mi sentiva
conversare in italiano, era quando parlavo al telefono con i miei o mia sorella: ricordiamoci che allora non c'era Skype, quindi lui sentiva solo la mia parte di "bla bla bla", non poteva sentire il "va-e-vieni" tipico di un'interazione verbale. Capiva quello che gli dicevo in italiano, ma la maggior parte delle paroline che diceva erano ovviamente in inglese, o un ridicolissimo miscuglio, anche quello tipico, come "I love you bene".. canticchiava, ad esempio, "Ci son due coccodrilli", o con quelle poche parole che riusciva a pronunciare, rispondeva alle mie domande in italiano in inglese.
Un altro "ingrediente" importantissimo che mancava, oltre alla possibilita' di osservare ed ascoltare conversazioni in italiano, e che manca tuttora, era il poter guardare film e trasmissioni in italiano. Saro' anche la madre peggiore dell'universo, ma la televisione la trovo istruttiva e tuttora mi aiuta tantissimo. I miei figli sono cresciuti guardando tutti i programmi su
PBS (Public Broadcast Service) per bambini, programmi come
Barney,
Sesame Street,
Zoboomafoo, Arthur, etc.che hanno arricchito il loro vocabolario (e il mio), hanno stimolato la loro immaginazione e fantasia, li hanno spinti a pensare e chiesto di risolvere problemi, e gli hanno aperto le porte ad un mondo diverso, i sicuro piu' multiculturale di quello che potevamo offrire loro, vivendo in un paesello in New Jersey dove gli unici bambini "diversi" erano 2, una bimbetta cinese ed un ciccetto coreano, entrambi adottati... ma sto divagando...
Dicevo, se fosse stato possibile fagli vedere qualche film di Disney o qualche altro cartone animato di quelli che piacciono a loro, in italiano, sarebbe di sicuro stato piu' facile. Invece non e' possibile purtroppo. Ora con il computer e' forse anche possibile, e sara' magari un'opportunita' da sfruttare per Violet, ma all'epoca no.
Quindi, ricapitolando, in casa noi genitori parliamo inglese, all'esterno, il mondo intero parla inglese quindi non esistono possibilita' di ascoltare un'interazione verbale tra 2 o piu' italiani, la televisione/i film sono in inglese... insomma, 3 strikes, Italian's out!
Con Chris, dicevo, ho provato... poi e' arrivata Emily, poi dopo 2 anni Vivian... e la mia "pigrizia" ha preso il sopravvento: si' perche' da madre, io funziono seguendo 2 regole principali:
- "follow the path of least resistance", cioe' seguo il sentiero che mi da meno resistenza
- "pick your battles", cioe' scelgo le mie battaglie
e sinceramente lo sforzo di dover continuamente tradurre dall'inglese all'italiano, visto che ormai penso sempre in inglese, eccetto quando scrivo il blog o parlo con famigliari o amici (e anche li' faccio fatica a pensare alle parole da dire), era davvero troppo. Un cervello solo con centinaia di eventi e "cose" in generale, da ricordare, moltissimi intraducibili in italiano... non ce l'ho fatta. I caved, involontariamente ho mollato questa battaglia.
Riesco ad immaginare situazioni anche solo leggermente diverse da quella in cui mi sono trovata io, dove sarebbe garantito il bilinguismo. Ad esempio, i genitori sono entrambi della stessa nazionalita', e vivono in un altro paese, allora il pargolo ascolta entrambi i genitori conversare in italiano, ad esempio, e impara l'altra lingua grazie ad influssi esterni (amici, scuola, tv, etc.).
Se fossimo vissuti in un paese europeo, dove anzitutto e' possibile aver accesso a programmi tv e dvd in lingua italiana, e dove fare un viaggio in Italia a trovare nonni, zii etc. non costa 5 stipendi , sarebbe stato possibile visitare l'Italia o essere visitati da amici e parenti piu' spesso che non una volta ogni 6 o 7 anni... o 10... e sono sicura che anche in questo caso mi sarebbe stato piu' facile continuare l'insegnamento involontario dell'italiano.
L'ultima considerazione che faccio, riguarda il numero di americani nati da un genitore americano ed uno italiano "off the boat", cioe' come me emigrato dall'Italia, e vissuti negli US dalla nascita, che parlino davvero l'italiano (e non una sorta di dialetto): fino ad oggi, ne ho conosciuti zero, e tra l'altro nessuno degli italo-americani che ho conosciuto (inclusi parenti vari) si preoccupa dell'Italia come facciamo noi italiani, o si sente italiano sul serio, al di la' delle pacchianate Madonna-style, lei che indossando decadi fa la maglietta con scritto "Italians do it better", ha iniziato la moda secondo cui basta scrivere una qualsiasi stronzata su un capo d'abbigliamento per renderla vera.
La loro italianita' e' ormai quasi esclusivamente genetica, e spesso si esprime in modi che purtroppo noi italiani troviamo di estremo cattivo gusto (vedi ad esempio, la visita in Italia del gruppo di super-tarri italo-americani di NY dello show "The Jersey Shore").
L'assorbimento della cultura americana e' totale e, pur esaltando almeno a parole le loro radici italiane, l'America e' casa. E se c'e' una cosa di cui tutti abbiamo bisogno, e' proprio un posto dove sentirsi a casa. Per i miei figli penso proprio sara' l'America.