Sono americana, da venerdì.
La cerimonia e' stata bella, un po' lunga per dei "problemi tecnici" dell'USCIS, ma ero più emozionata di quello che avrei immaginato.
Siamo partiti da casa alle 9 del mattino, volevamo andare a pranzo presto e poi trovare con calma parcheggio in downtown Tucson. Chris non era riuscito a trovare qualcuno che lo sostituisse al lavoro (ha detto che gli dispiaceva anche se ho l'impressione che forse non troppo...), così eravamo solo noi e le bambine. Subito il primo intoppino: da vera procrastinatrice, avevo "dimenticato" di rmpiazzare i due pneumatici davanti, che erano lisci che sembravano ormai quelli da Formula 1, e considerata la temperatura che ci avrebbe accolto a Tucson (108F, cioè circa 42 gradi), ho ricevuto un mezzo cazziatone dal marito, così prima sosta, il gommista..
Avendogli fatto presente la necessita' di essere a Tucson entro le 11, siamo ripartiti con due gomme nuove in 15 minuti., tempo da record, penso.
Pranzo come al solito, da
Lovin' Spoonfuls (leggete la storia, interessantissima, di Peggy, la proprietaria e del suo cambiamento a 180 gradi da chimico per una multinazionale petrolchimica ad ingegnere chimico fino alla sua ultima carriera, ristoratrice vegan) e poi siamo partiti alla volta del Federal Building; ovviamente c'erano dei lavori in corso e traffico, cosa cui non siamo più' abituati... "Sheila", la voce del GPS che chiama sempre tutti "baby" con la voce sexy, ci dice che eravamo arrivati, baby, ma da imbranati out-of-towners non riusciamo a capire bene dove dobbiamo parcheggiare... ed erano già le 12:35, e io dovevo essere presente nella sala alle 12:50.... a quel punto ci buttiamo nel primo parcheggio privato che vediamo aperto, mi scaravento fuori e comincio a camminare verso gli edifici che "Sheila" aveva indicato come la nostra meta, mentre il resto della famiglia finisce di parcheggiare con più calma.
Alle 12:35 la temperatura a Tucson era probabilmente gia' a livelli da Sahara, quindi di correre non se ne parlava, anche perché indossavo un vestito e delle espadrillas con un po' di tacco, ma a passo maratona, dopo aver chiesto indicazioni ad un signore (l'unico che ho incrociato a piedi), arrivo finalmente alla US District Court, 405 West Congress Street. E seguo i vari gruppetti di persone di tante etnie diverse nella lobby, dove veniamo scannerizzati, e come in aeroporto, vengono fatte togliere le scarpe a chi le indossava (a parte noi neo-cittadini, la maggior parte delle persone presenti, ad esempio i miei famigliari, indossavano ciabattine o sandali). Il salone dove ci radunano ha circa 50 posti riservati a noi novelli americani, il resto delle poltrone sono riservate al tifo agli amici e famigliari.
Devo dire che, per essere un evento che viene fatto quasi tutte le settimane, non era organizzato benissimo, ci sono stati lunghi momenti di attesa, che potrebbero essere evitati, ma si tratta di un'organizzazione governativa, tutto sommato non ci sono stati grossi casini, quindi non mi lamento.
Prima ci chiamano ad uno ad uno (non in ordine alfabetico) ad un tavolo per riconsegnare la Alien Resident Card, cioè la green card (bye bye, old friend...) e ritirare la busta contenente diverse brochure tipo la guida per l'elettore, The Citizen's Almanac, etc. e con il programma della cerimonia. Questa parte da sola sarà durata almeno 45 minuti. Violet, come i diversi bambini presenti, si e' comportata bene per un po', poi ha cominciato a gattonare sotto le sedi, venire da me, tornare dalle sorelle e dal padre, scavalcare le sedie vicino... almeno non ha pianto ed e' stata relativamente tranquilla, almeno vocalmente.
Finalmente si inizia e parte un video intitolato "Faces of America", dove attraverso foto d'archivio, immagini degli emigranti del secolo scorso ad Ellis Island, viene dipinto il ritratto dell'americano di oggi e, a tutti gli effetti, delle persone presenti alla cerimonia.
E proprio come tutte le sedute giudiziarie, anche questa inizia ufficialmente quando la "deputy clerk", una sorta di "cancelliere" fa la chiamata all'ordine, "call to order":
"All rise for the Honorable Judge Raner C. Collins" ...
Il giudice, dopo averci salutato, ha fatto l'elenco di tutti i paesi rappresentati, facendo alzare la o le persone che avrebbero "abbandonato" il paese chiamato per diventare americane. Ero l'unica europea, o meglio dell'Europa dell'ovest visto che era presente un ragazzo dalla Russia; la maggior parte erano, ovviamente, del Messico, molti centro e sud americani (Ecuador, Peru, Guatemala, etc.), persino una signora anziana in carrozzella, col figlio che le faceva da interprete e da aiuto, che aveva 75 anni e veniva dal Venezuela; 2 dalla Cina, 1 dalla Nuova Zelanda, una signora del Canada, un ragazzo somalo, uno nepalese, un ragazzo Iraqeno con la divisa della US Army (e' possibile, infatti, servire nelle forze armate americane anche se non si ha la cittadinanza), 2 fratelli e una loro nipote dal Congo Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) e un signore dal Sudan.
Stranamente, seduta in mezzo a persone di tutti i colori provenienti da tutto il mondo, vi dirò che sono stata colpita con forza non dalle diversità, culturali o fisiche, o dagli accenti pesantemente diversi, ma dal come eravamo tutti simili, non soltanto ci accomunava la scelta di diventare parte di questo paese, ma anche la nostra umanità, il nostro essere umani. Specialmente in tempi come questi dove si cercano le differenze, si esaltano le differenze, si diventa violenti per eliminare le differenze, quelle 3 ore in quel salone in cui eravamo senza dubbio tutti differenti, sono state 3 ore per me di estrema comunanza.
Dopo la presentazione di noi candidati e dei nostri paesi di origine, e' stato il momento del giuramento, di cui avevo parlato (e copiato e tradotto)
QUI : così in piedi, con la mano destra alzata, giuravo con altre decine di persone la mia fedelta' per gli Stati Uniti d'America, e mentre parenti e amici con le loro macchinette digitali riprendevano questo momento indimenticabile, Violet, che mentre aspettavamo l'arrivo del giudice, mi aveva detto "Mama, be American, so I can be American too", si e' impavidamente infiltrata tra le file dei giuranti e ha giurato pure lei. Non me ne ero accorta, meno male che ci sono le foto che provano!!
Finito il giuramento, seguito da un lungo applauso e qualche "whoop" dai parenti di sicuro americani (incluso J), e' stata la volta del Pledge of Allegiance: l'avrò recitato, per via degli eventi a scuola, centinaia di volte, ma quella e' stata la prima volta che l'ho fatto con la mano destra sul cuore. Vabbe', saranno pure fregnacce, ma adesso se non metto la mane sul cuore rischio di essere tacciata, dai miei ora connazionali republicans, di non essere una VERA patriota (come e' successo e continua a succedere, ad esempio,
al presidente Obama). A proposito di Obama, lui personalmente ci ha offerto le sue congratulazioni, vabbe', era un video pre-registrato, in cui ha sottolineato che e' importante partecipare attivamente alla vita delle comunità in cui viviamo, offrendo al miglioramente del paese e del mondo i talenti che abbiamo, così' come hanno fatto milioni di immigranti prima di noi.
Poi il giudice ha "aperto" il microfono per chiunque, nuovi cittadini, parenti, amici, volesse dire qualcosa.... e tra i vari "discorsetti" in cui diverse persone (inclusa la sottoscritta), hanno raccontato motivazioni e percorsi, uno ha colpito tutti, anche i bambini che si lagnavano si sono zittiti: il signore originario dal Sudan ha fatto un racconto in un inglese spezzato, della sua vita prima di arrivare negli US, dei 10 anni come rifugiato in Kenya, della vita prima di scappare in Kenya, che vita e' una descrizione inesatta... ci ha detto di come ne' lui ne' suo padre avevano mai posseduto un vestito come quello che indossava per la cerimonia, di come parte della sua famiglia fosse stata sterminata... ha ripetuto per diverse volta, con le lacrime agli occhi, "Today is my first life", immagino intendesse che oggi era il primo giorno della sua vita, una nuova vita, e ha ringraziato il paese che lo ha accolto, dandogli la possibilità di prendersi cura dei suoi 5 figli e della famiglia che e' riuscita a sopravvivere e venire con lui in America. Io ero molto commossa.
Racconto questo, perché sono stata felice che le mie figlie fossero presenti, hanno ascoltato direttamente la testimonianza di persone che hanno vissuto tragedie di cui si sa poco o niente, e che sembrano lontane, e il fatto che per queste persone gli US, un paese la cui unita' e generosità sembrano venire strozzate quotidianamente da divisioni politiche, religiose e sociali, e' ancora un faro nella tempesta... insomma, secondo me sarebbe bello se tutti gli americani avessero la possibilità di partecipare come spettatori a queste cerimonie.
Discorsetto finale del giudice, altre congratulazioni prima di uscire, e poi e' stato il momento (o la mezz'ora) in cui siamo stati chiamati per firmare e ritirare il nostro certificato di naturalizzazione e ricevere la spilletta della Stars and Stripes, la "mia" bandiera.
All'uscita, nella lobby, c'era il tavolo per registrarsi come elettore, cosa che ho fatto subito (ovviamente!)
Sono cambiata da sabato? Non credo. Forse si', diciamo che stranamente, non mi sento più una sorta di ospite, mi sono ringalluzzita, e ho finalmente mandato affanculo praticamente mia cognata, via text, cosa che avrei voluto fare da tanto ma mi ero sempre frenata.
Ecco qualche immagine:
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Il palco con tavolo dove il giudice ha presieduto. |
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Inizialmente, la famiglia si era seduta nei posti riservati a noi "candidati"... |
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... mi si vede quasi, in fondo.... |
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Ah! Eccomi li', in attesa... La cerimonia non e' ancora iniziata, ma gia' il tipo della Nuova Zelanda vicino a me (Mike MacDonald era il nome, e sembrava il portavoce di McD....) ha fatto "amicizia" con tutti... |
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In questa foto, ho appena consegnato la green card . (Fuori tema: devo far qualcosa di drastico per le braccia, porcavacca...) |
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Ah, Judge Collins! |
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Il giuramento |
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Notate qualcosa, o qualcuno, di strano? |
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Eccola li', la Fagiolina intrufolina... Secondo Emily, pare che abbia anche ripetuto il giuramento... ora e' anche lei ufficiale! |
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Abdul Mohamed (non sono riuscita a capire il cognome), con il suo primo vestito e cravatta... |
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Aspettando ancora... |
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Sono ufficiale, ho la spilletta (e il certificato...) |
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Con le pargole |
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Quando una bandiera non e' abbastanza.... Emily iper-americana... |