Non so con esattezza perché, ma la morte di Robin Williams mi ha colpito piuttosto fortemente. Sara' che anche io, come milioni di persone, sono cresciuta con Mork & Mindy, sarà che amo le persone che mi fanno ridere, e sicuramente Robin Williams e' nell'Olimpo dei comici, ma appena saputa la notizia, mi e' venuto un po' il magone. Perché in qualche modo lo sapevamo un po' tutti che dietro quella comicità irrefrenabile, esistevano tormenti e demoni profondi (come spesso capita con i comici, la loro comicità ha radici in sofferenze), lo sapevamo tutti, almeno qui in America che ne seguivamo gli ups and downs, i saliscendi fatti di grandi successi professionali e cadute e ricadute personali tra gli artigli dell'alcol, che qualcosa sarebbe potuto succedere. E ne aveva accennato in tante interviste negli ultimi anni specialmente.
Nella sua ultima intervista con Jon Stewart del Daily Show, Robin Williams parla apertamente della sua lotta contro l'alcolismo (oltre all'alcol, aveva anche abusato di cocaina negli anni '70 e '80), e dice, rispondendo a Jon che menziona la sua paura, una volta che aveva smesso di farsi, di non essere più capace di creare, di far ridere la gente, "the main operative word is fear… the fear is there, and you're try to overcome it with that, but if you can deal with fear and realize that some of it is real and some isn't, and then come throughout that…" "La parola operativa e' paura… la paura e' li', e tu cerchi di superarla con quella (la sostanza chimica), ma se riesci a trattare con lei e realizzare che un po' e' reale e un po' no, e poi riesci a passarci attraverso…"
Paura di non essere adeguato, di non farcela, di aver bisogno di alcol… Depressione.
E' difficile per noi "comuni mortali" concepire che una persona che verosimilmente ha raggiunto l'apice di successo, fama, soldi, sia depressa o viva paralizzata dalla paura… Eppure e' la realtà di tante persone, persone meno famose e ricche, persone "normali", con una vita che sembrerebbe perfetta, o comunque una vita che vale la pena vivere.
La mia prima esperienza con la depressione risale a una trentina di anni fa, mi ricordo un Natale in cui mia madre era sdraiata sul divano non so se piangesse o meno, ma non era felice. Non capivo perché e pensavo, vabbe' ma perché deve fare cosi' a Natale? Perche non si alza e si unisce al resto della famiglia?
E' un ricordo vago, ero un'adolescente penso, e ricordo le parole "esaurimento" e "depressione"…
La seconda esperienza che ho avuto con la depressione e' stata molto più drammatica e difficile, e l'ho vissuta quando mio marito e' stato diagnosticato come bipolare/depresso, 12 anni fa. La stessa diagnosi di Williams, tra l'altro.
L'intervento della polizia, il ricovero in un ospedale psichiatrico seguito da mesi, anni di medicine, terapia, gruppo di supporto.. mentre io con 3 figli piccoli (Vivian non aveva nemmeno 2 anni) mi ubriacavo di informazioni su cause, cure, pericoli… lo sapevate che il 25% di persone diagnosticate bipolari commettono suicidio? Io ho vissuto con questa spada di Damocle per anni.
Oltre al trovarmi a dover imparare a convivere con una malattia di cui si parla poco, una menzione particolare va allo stigma che qualsiasi malattia mentale porta con se e all'isolamento che ne consegue... sono convinta di essere riuscita a sopravvivere a quegli anni un po' perché non avevo scelta e un po' grazie al mio piccolo gruppo di amiche locali che erano a conoscenza di quello che mi succedeva, e sono state presenti nonostante lo stigma appunto.
Prima del mio incontro ravvicinato con la depressione, anche io facevo parte del gruppo di persone che, di fronte ad una persona depressa, pensava Snap out of it!, Riprenditi!
Ora so che non basta schioccare le dita o battersi i tacchi delle scarpette rosse, non si esce dal tunnel della depressione con un colpo di bacchetta magica...
Non vi tedio con i dettagli, ma e' stata una lunga battaglia combattuta da parte sua, con me al margine…Tanto lavoro che lui ha fatto su se stesso, dall'imparare a riconoscere i "momenti giù" e i sintomi, quando tornavano, all'accettare la propria imperfezione, la propria immaturità emotiva ed essere disposto ad accettarsi e a cambiare, ogni giorno… tanto lavoro anche da parte mia… una battaglia dove la sua "fortuna" e' stata anche quella di non avere mai avuto problemi di abuso di sostanze chimiche.
Quali fossero i demoni interiori che tormentavano Robin Williams, probabilmente non lo sapremo mai, non possiamo capire in quale oscurità vivesse, per noi e' inconcepibile, ma guardatevi intorno, perché siamo tutti circondati da persone che soffrono silenziosamente. E se avete qualcuno nella vostra vita che soffre di depressione, che vive una paura che voi non capite, ma che per lui e' così forte e potente da dominargli la vita, non accantonate questi suoi sentimenti come insignificanti, o facili da superare, perché per questa persona non lo sono. Che almeno sappiano che sono amati. E che riconosciamo che i loro dolori sono veri e non un parto della loro immaginazione o un modo perverso per cercare attenzione (questo e' quello che si sente spesso dire in relazione alla depressione).
Robin Williams ha toccato in modo indelebile la fantasia e le vite di milioni di persone nel mondo. Che la sua morte prematura ricordi a tutti che la depressione e' una malattia vera, che non c'e' niente di intrinsecamente sbagliato o marcio in una persona che soffre di una malattia mentale, qualsiasi essa sia. Che esiste aiuto (anche se spesso quello che possiamo dare noi come famigliari o amici e' solo la nostra presenza e il nostro affetto) e che possono vivere una vita normale, e persino guarire.
Parliamone apertamente, cosi come parliamo di diabete e asma.
Perché alla fine siamo tutti un po' pazzi.
"You're only given one little spark of madness. You mustn't lose it." (Robin Williams)
"Ti viene data solo una piccola scintilla di pazzia. Non devi perderla."
Qui l'intervista di cui vi parlavo dello scorso settembre con Jon Stewart:
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Per me lui è l'Attimo Fuggente, dove fra l'altro a suicidarsi era uno dei ragazzi ... E lui dava speranza, ma allo stesso tempo era disperazione ... E mi rendo conto che io sono una di quelle che pensa sempre: cavoli, dovrebbe fare uno sforzo (la persona depressa) ... Poi ripenso a una brevissima fase in cui il mio sforzo era esistere ... Devo cercare di essere più comprensiva!
RispondiEliminaGuarda, abbiamo appena riguardato The Birdcage, e in quel film lui (Williams come Armand) dice a Albert (Natahn Lane) le parole "I'll just go and kill myself"… ha buttato un vela di tristezza e di premonizione tra le risate!
EliminaNon e' facile capire la depressione se non la si ha mai provata, sulla propria pelle o su quella di una persona che si ama e che vuole uscirne.
Non potrei essere piu` d'accordo. Non ho avuto nessuno malato di depressione in famiglia, ma in quella di Marco si`. Sono dell'idea che troppe persone parlino di cose di cui non hanno la benche` minima conoscenza solo perche` fa "figo" parlarne e ne risulta un discorso infarcito di luoghi comuni e di cretinate. E poi l'ignoranza genera paura (immotivata) invece di comprensione.... un abbraccio a te e alla tua famiglia Moki!!
RispondiEliminaGrazie Sierra. Ed e' vero: l'ignoranza genera paura, ecco perché e' importante parlarne, informarsi...
EliminaChe bel post, complimenti. Anche a me ha toccato molto la sua morte, la depressione e' una bestia bruttissima, parliamone e cerchiamo di comprendere, hai ragione
RispondiEliminaGrazie Letizia.
EliminaGrazie per aver condiviso la tua esperienza. Ci dimostra che con l'amore dei tuoi cari e tanta e tanta fatica si può uscirne.
RispondiEliminaCi sono tante variabili, sul sentiero del "ricovero", e sicuramente la presenza di un gruppo di supporto esterno e uno interno (uno fatto di "estranei" che stanno vivendo o hanno vissuto la stessa sofferenza e uno fatto di persone che ti amano e vogliono aiutarti) sono fondamentali!
EliminaGrazie, hai detto tutto perfettamente. Mi hai ispirato questo che era troppo lungo per poter essere un commento qui
RispondiEliminahttp://erolucyvanpelt.blogspot.com/2014/08/dinamiche-familiari.html
Grazie Ero Lucy! Come sempre, siamo in tanti a condividere certe esperienze, ma siccome nessuno ne parla, si sta in silenzio… e invece parlarne e' importantissimo. The more you know….
EliminaMoky, le tue sono le parole piu' sensate che io abbia letto in tema Robin Williams... grazie per aver condiviso la tua esperienza!
RispondiElimina[tra l'altro, il disordine bipolare e' una delle tante cose sui cui abbiamo dovuto scegliere si/no, ma non sapevo mica che il 25% commette suicidio.... certo nel caso studiero' approfonditamente]
sicuramente e' vero che tuo marito ha combattutto una battaglia personale, ma tu sei stata incredibilmente forte!!!!
Pensa Marica, nel gruppo di supporto di mio marito anni fa, lui era l'unico che continuava ad andare al lavoro e continuava ad essere sposato, la maggior parte era incapace di fare l'uno o l'altro, per molti motivi…
EliminaNon e' facile, ma e' possibile.
Per quanto riguarda la "familiarity" del disordine bipolare, e' vero che e' più probabile che esiste una sorta di predisposizione genetica, e che "runs in families"…
Ho letto il post ieri, ma non sono riuscita a rispondere subito, mi ha colpito molto ciò che hai scritto, la malattia di tuo marito, ciò che è successo e ciò che hai passato tu. Poche righe, ma capisco ciò che hai passato, lo capisco fin troppo bene purtroppo.
RispondiEliminaConosco la depressione da vicino, troppo vicino. Un'esperienza drammatica che non ha un lieto fine, se non che la persona è viva, ma è mutata, non vi è più nulla di ciò che era prima. Quella che era depressione è stata trascurata, non è stata curata, è stata sottovalutata ed è diventata una malattia ancora più grave, da cui non c'è ritorno: schizzofrenia. Oh si, si può curare, ma non si guarisce più e ciò che era non sarà. La storia è lunga e molto complessa, avrei voluto farne un post, ma non posso, non sarebbe giusto, per rispetto, magari te ne parlerò in privato. Dopo aver conosciuto attraverso questa esperienza molto negativa, che ha segnato ognuno di noi in maniera indelebile, ho capito un'altra persona a me vicina, ho capito che i malesseri di mia mamma non erano semplici mal di testa, che le scene d'ira non erano semplici arrabbiature, che le sue scenate, non era carattere, ma ben altre, qualcosa di più profondo, qualcosa che andava curato e non trascurato come invece è avvenuto. La nostra vita sarebbe stata un po' diversa, forse un po' più semplice. Scusa mamma se non ti ho capito.
No, mi hai capito, Moky. Perche' qualcosa migliori e' necessario che la persona che sta soffrendo, riconosca ed accetti di avere un problema, e sia disposta a "lavorarci sopra". Le persone che le sono vicine devono essere altrettanto disposte ad essere parte di questo "lavoro". Mi dispiace per la persona di cui parli e per tua mamma.
EliminaLa tua ultima frase mi ha fatto piangere.
EliminaForse tutto il post e il commento dell' "altra Moky" ha smosso qualcosa.
Vorrei abbracciarvi, tutte e due!!!
@Zion: XOXO
EliminaIo sono senza parole (da fin troppo tempo ormai).
RispondiEliminaNe ho tante in mente non riesco a metterle una di fila all'altra . Da molto tempo sto cercando di scrivere di stigma ma non ci riesco.
Però che ho "sentito" questo post con tutta me stessa te lo devo, te lo devo dire. Avrei voglia di abbracciarti, pur essendo la prima volta che ti leggo. Felice di essere capitata di qui oggi.
Grazie Squa. Ricambio l'abbraccio.
EliminaE' importante sapere che non siamo soli.
Grazie Moky, che bello questo post. (Ma sei sparita da fb?)
RispondiEliminaPrego Silvia. Si' sono sparita dalla mia pagina personale, e sopravvivo in quella legata al blog. Ogni tanto e' necessario disintossicarsi, lo sai…
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBella testimonianza. Anch'io sono stato colpito molto dalla notizia.
RispondiEliminaUn saluto
ciao Dioniso. Ha colpito tantissime persone davvero!
EliminaMi sono venuti i brividi..
RispondiEliminaSzandri: :'(
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